I palazzi della periferia di Glinki, nella zona meridionale di Bydgoszcz. 

Una passeggiata nella periferia di Bydgoszcz non potrebbe che partire da quella strada. La strada dove i miei nonni hanno vissuto per quasi trent’anni, quella dove mia madre e i miei zii sono cresciuti e dove ho passato tutte le estati della mia infanzia. La strada, come la ricordo, era letteralmente alla fine della città. Dopo l’ultima casa della via iniziava il sentiero sterrato, che finiva dritto dritto nel bosco.

Da bambini passavamo le giornate d’estate a bazzicare in giardino, giocando con la sabbionaia e l’altalena costruite dal nonno e cogliendo frutta dagli alberi. Epoi c’era la nonna, la nonna che non si arrabbiava mai. Non si arrabbiò nemmeno quella volta che mia sorella lasciò in corridoio una scatola piena di lumache e quelle si arrampicarono su tutti i muri.

La casa era grande, su tre piani, ma non bella (lo capivo perfino io, che ero solo una bambina). Tutta squadrata e rimasta in calcestruzzo grezzo, sembrava finita solo a metà. Perfino il giardino era rimasto aperto, l’unico della via a non avere nemmeno una staccionata di protezione. Le case dei vicini, anno dopo anno, si erano fatte tutte più belle e colorate. Agli angoli delle strade c’erano sempre grandi mucchi di sabbia del Baltico usati per i cantieri, pieni di conchiglie. Spesso ci accovacciavamo ai lati di queste piccole dune sull’asfalto e cercavamo quelle più belle, se gli operai ce lo permettevano. Le altre finivano inglobate nei muri delle case del quartiere, in un tempo in cui non c’erano i soldi per permettersi nemmeno di ripulire la sabbia.

La strada della casa dei nonni. Oggi in fondo, dove c’era l’accesso sterrato al bosco, sono state costruite delle nuove villette. 

E’ negli anni duemila che la strada dei nonni aveva iniziato a cambiare faccia, merito anche dei soldi inviati dai parenti emigrati all’estero per lavoro. L’asfalto era rimasto sempre un po’ rappezzato e irregolare, ma alle macchine scassone con pezzi di ricambio di mille colori si stavano sostituendo modelli moderni e tirati a lucido, quasi mai con targa polacca. Un anno tornando mi resi conto che la via non finiva più nel bosco, ma tra noi e gli alberi erano spuntate come funghi nuove case. E che la casa del nonno, grezza e grigiastra, era rimasta l’unica brutta della strada.

Un’altra cosa che si costruiva tanto nella Polonia di quegli anni erano le chiese, non ce n’erano mai abbastanza. Non so se ci fossero persone non religiose nel nostro isolato, ma non devo nemmeno essermi posta il problema perché la normalità era che tutti fossero cattolici. Le messe erano sempre tutte piene, con la gente in piedi e a volte anche fuori. Per tanti anni con i nonni  siamo andati a messa in un capannone, di fianco al cantiere di una nuova chiesa al limite del bosco. La strada per arrivarci, proprio al limitare della foresta, non era nemmeno asfaltata ma di sabbia battuta. Ora la nuova chiesa in mattoni è un finita da un pezzo, la strada è sistemata.

Mio cugino che corre tra i bloki, la zona del quartiere popolare. 

All’epoca non potevo saperlo, ma quella zona del quartiere piena di villette con giardino era già da privilegiati. Con i miei occhi di bambina già capivo che i nonni non erano e non potevano essere persone ricche: la nonna comprava pantaloni alle svendite per poche lire e le loro mancette in Italia avrebbero comprato al massimo qualche caramella. Ma non mi ero mai chiesta da dove venisse quella casa così grande, che in Italia mai avremmo potuto permetterci. Per anni ho pensato fosse una casa di famiglia che avevamo da sempre o l’avesse costruita il nonno nei fine settimana. E invece ci vivevamo solo dalla fine degli anni 80.

Il quartiere dei nonni si chiama Glinki, che viene dalla parola polacca glina, cioè argilla – e basta dare un’occhiata ai sentieri sabbiosi del bosco per capire perché. Questo quartiere con un nome così legato all’edilizia era proprio quello dove il partito aveva assegnato delle abitazioni di prestigio (di prestigio solo perché grandi) a chi nell’edilizia si era distinto per il proprio lavoro. Siccome mio nonno era a capo di un’azienda edile statale e aveva accettato di lavorare qualche anno in Iraq, si era meritato quella bella casa di cemento. Tutti i nostri vicini, in quella corta via, erano capo cantiere, architetti, ingegneri.

Anni novanta: una foto sul balcone dei nonni, da cui si intravedono le altre case (tutte uguali) del quartiere.

Quelli che non godevano nemmeno del privilegio di un giardino a Glinki abitavano ai bloki, i casermoni, a pochi passi di distanza. Erano grandi palazzi tutti uguali, in fila uno dopo l’altro, dipinti di colori sgargianti. I colori servivano a renderli un po’ più allegri, ma anche riconoscibili. Ai lati c’erano sempre scritti in grande la via e il civico, mica che poi ci si perde. Per la me bambina quella zona di palazzacci era il paradiso: ogni quattro o cinque costruzioni infatti di solito c’era un piccolo plac zabaw comune, un parco giochi. Sulla strada di ritorno dal mercato, con la nonna, ci fermavamo mille volte, ad ogni parchetto volevamo provare almeno una giostra

La spesa con la nonna era un appuntamento fisso, quasi ogni giorni ci trascinava con lei nella zona dei casermoni per andare al mercato oppure allo sklep spożywczy, il piccolo negozietto di quartiere accanto a un grande sorbo. Lo sklep aveva due, massimo tre corsie e una grande vetrina piena di formaggi, carne, pesce affumicato – servivano nel loro grembiule rosso due signore piene di bigodini e dalle tinte di colori brillanti. Probabilmente lo stabile era lo stesso dai tempi del comunismo, solo che ora c’era l’imbarazzo della scelta.

Io preferivo il mercato con le sue bancarelle piene di mazzi di aneto e la gente di campagna negli angoli che vendeva cestini di finferli, barattoli di frutta di bosco, mazzi d’aglio. E poi, nei giorni in cui era in buona, la nonna ci comprava i wurstel parowki alla bancarella e ci permetteva di mangiarli crudi sulla strada di ritorno. Era festa anche quando di andava in taxi fino al mercato grande del quartiere – e allora sì che tornavo in Italia e raccontavo con emozione di aver preso un taxi, una cosa così esclusiva.

Una foto dalle bancarelle estive del mercato più grande di Glinki. 

Il modo di fare la spesa è una delle cose che è cambiata di più da allora. Bydgoszcz non è una città piccola, anche se in Italia non la conosce nessuno: ha 350.000 abitanti, un centro storico molto carino, un’università e da qualche anno anche un piccolo aeroporto. E ad un certo punto, come in tutte le grandi città della Polonia uscite dal comunismo, hanno iniziato a moltiplicarsi i supermercati. Era un’altra cosa che raccontavo agli amichetti: la Polonia è un paese pieno di supermercati, ce ne sono almeno un milione nella città dei miei nonni. Proprio Glinki infatti sembrava essere colpita in modo più forte: avevano aperto prima l’enorme Makro cash&carry, poi il grande centro commerciale Carrefour, poi Stokratoka, Aldi, Biedronka….e un paio d’anni fa ha chiuso anche lo sklep spożywczy d’altri tempi, parte dello stabile si è trasformata in un ristorante asiatico. Perfino la nonna ha cominciato a comprare sempre di più al supermercato, ma le patate no – quelle solo al mercato. 

Nel frattempo la nostra casa, quella nella via dedicata al poeta romantico, non c’è più. Qualche anno fa i nonni l’hanno venduta, era troppo grande, troppo impegnativa da curare per due settantenni. E poi, i nipoti ormai sono tutti grandi. E così i nonni si sono spostati in un appartamento nello stesso quartiere, in una di quelle enormi case con l’indirizzo scritto a lato. E’ vicino al tram, vicino all’ospedale. E’ un po’ più lontano dal bosco ma i nonni lo hanno riempito di piante e sopra la vasca da bagno hanno appeso un ramo d’albero secco.

I nonni frequentano anche una nuova chiesa, la più grande e più bella del quartiere, dedicata ai martiri per la fede. Dietro l’altare c’è una grande icona di Popielusko, il prete ucciso durante gli anni del comunismo a pochi chilometri da Bydgoszcz. La nonna è entusiasta perché questa chiesa ha un sacco di preti. “Guarda, sono 9, fai una foto!” mi ha detto l’ultima volta durante la messa della vigilia di Natale.

La nostra casa di un tempo, quella che per me è la casa di tutta la mia infanzia, è stata venduta ad una giovane coppia. Ci sono ripassata l’ultima volta un anno fa e finalmente è all’altezza delle case dei vicini. C’è uno steccato, la facciata è stata messa a posto e ritinteggiata di grigio scuro. Sembra uscita dalla pubblicità di un’agenzia immobiliare.

 

Periferia di Bydgoszcz, Natale. Le preparazioni del cenone messe al fresco fuori dalla finestra.